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10 novembre 2013 7 10 /11 /novembre /2013 04:51

[Traduction partielle par Reconstruction communiste Canada]

 

Thèses du 3° Congrès national du Parti communiste italien marxiste-léniniste (P.C.I.M.L.),

qui font partie intégrante du Rapport politique approuvé par le Comité central sortant

Direction nationale du Parti, salle de conférence, Forio (Naples), le 16 et le 17 novembre 2013

 

Un grand P.C.I.M.-L. pour l’Italie communiste

Le P.C.I.M.-L.

1. Le 3e Congrès national du Parti communiste italien marxiste-léniniste (PCIML) fait explicitement référence au mot d’ordre impératif formulé résolument au 2ème Congrès du Parti ouvrier social-démocrate de Russie par Lénine exigeant la pureté des rangs du Parti : «Nous devons élever de plus en plus les conditions d’adhésion et les qualités des membres du Parti».

Le succès de toute l'action du Parti ainsi, en fait, que son unité et sa combativité dépendent du degré élevé d'organisation et de conscience de classe des membres du parti.

C’est vraiment le niveau élevé d’engagement des communistes qui assure l’unité monolithique du PCIML, sa capacité de guider la classe ouvrière et les masses laborieuses, d’orienter le peuple italien fermement vers l'objectif du socialisme. C’est au moyen d’une sélection rigoureuse que le PCIML accepte dans ses rangs les représentants les plus dignes de la classe ouvrière, des paysans, des intellectuels d’avant-garde.  Pour être en mesure de remplir son rôle révolutionnaire, le PCIML a fixé des conditions d’adhésion élevées pour les personnes qui souhaitent y adhérer, et exige de ses adhérents la réalisation pleine et inconditionnelle de leurs devoirs.

Le 3ème Congrès du PCIML souligne, en particulier, le rôle de chaque communiste d’être une/un combattante/ant plein d’abnégation dans le but de la victoire de la cause du prolétariat, de la révolution socialiste, des idéaux du Parti, qu’elle/il devrait connaître à fond pour comprendre et à mettre en œuvre sa politique de classe et révolutionnaire.

     "Le Parti communiste italien marxiste-léniniste", est-il écrit dans le préambule de sa Constitution, «est l'organisation politique de l'avant-garde de la classe ouvrière et de toutes/tous les travailleuses/eurs qui, dans l'esprit de la glorieuse Révolution d'Octobre, de la résistance anti-nazie-fasciste, anti-impérialiste et anti-capitaliste et de l'internationalisme prolétarien, et dans la réalité de la lutte des classes, de la lutte pour l'indépendance et la liberté du pays, pour l'élimination de l'exploitation de l'homme par l'homme et pour la construction du socialisme en Italie et dans le monde entier. "

2. Basé sur la théorie du marxisme-léninisme, c'est-à-dire sur la pensée et sur l'œuvre immortelles de Marx, d'Engels, de Lénine, de Staline, le PCIML est constitué sur la base des principes suivants :

"1. Dans le régime social actuel, celui du capitalisme et de sa mondialisation impérialiste, une contradiction croissante entre les forces productives et les rapports de production se développe, donnant lieu à l'antagonisme des intérêts et de la lutte de classe entre le prolétariat et la bourgeoisie dominante.

“2. Gli attuali rapporti di produzione sono protetti dal potere dello Stato borghese, che, fondato sul sistema rappresentativo della democrazia borghese, costituisce l’organo per la difesa degli interessi della classe capitalistica.


“3. Il proletariato non può infrangere né modificare il sistema dei rapporti capitalistici di produzione, da cui deriva il suo sfruttamento, senza l’abbattimento del potere borghese.


“4. L’organo indispensabile della lotta rivoluzionaria del proletariato è il partito politico di classe, formato da quadri rivoluzionari. Il Partito Comunista Italiano Marxista-Leninista, riunendo in sé la parte più avanzata e cosciente del proletariato, unifica gli sforzi delle masse lavoratrici, volgendoli dalle lotte per gli interessi di gruppi e per risultati contingenti alla lotta per la emancipazione rivoluzionaria del proletariato; esso ha il compito di diffondere nelle masse la coscienza di classe e rivoluzionaria, di organizzare i mezzi materiali di azione e di dirigere nello svolgimento della lotta il proletariato.

“5. La vittoria della rivoluzione proletaria, la costruzione del socialismo e l’edificazione del comunismo sono possibili solo con la lotta dura e continua al revisionismo, al trotskismo e ad ogni forma di opportunismo e di economicismo.

“6. Dopo l’abbattimento del potere borghese, il proletariato non può organizzarsi in classe dominante che con la distruzione dell’apparato statale borghese e con l’instaurazione della propria dittatura, ossia basando le rappresentanze elettive dello Stato sulla sola classe produttiva ed escludendo la classe borghese.

“7. La forma di rappresentanza politica dello Stato proletario è il sistema dei consigli dei lavoratori (lavoratori dell’industria, dell’agricoltura, dell’artigianato, del turismo, degli enti pubblici, del commercio, dei trasporti, delle telecomunicazioni, dell’informazione e del terziario in genere) già in atto nella Rivoluzione d’Ottobre e in quelle successive e nei paesi del socialismo realizzato, particolarmente dell’URSS, e prima stabile realizzazione della dittatura proletaria.

“8. La necessaria difesa dello Stato proletario contro tutti i tentativi controrivoluzionari.

“9. Solo lo Stato proletario potrà sistematicamente attuare tutte quelle successive misure di intervento nei rapporti dell’economia sociale con le quali si effettuerà la sostituzione del sistema capitalistico con la gestione collettiva della produzione e della distribuzione.

“10. Per effetto di questa trasformazione economica e delle conseguenti trasformazioni di tutte le attività della vita sociale, eliminandosi la divisione della società in classi andrà anche eliminandosi la necessità dello Stato politico, il cui ingranaggio si ridurrà progressivamente a quello della razionale amministrazione delle attività umane” (Statuto del PCIML, Art.1).

3. La vita interna del PCIML è retta secondo i capisaldi del centralismo democratico. Questo significa:

“a) che tutti gli organi dirigenti sono eletti democraticamente dagli iscritti alla relativa organizzazione;

“b) che tutti gli organi dirigenti hanno l’obbligo di riferire periodicamente agli iscritti nelle organizzazioni che dirigono, circa la loro attività;

“c) che tutti gli organi dirigenti e i singoli membri di essi sono sempre revocabili per decisione di coloro che li hanno investiti del loro mandato;

“d) che terminata la discussione e presa una decisione, questa è obbligatoria per tutti gli iscritti e per tutti gli organismi dipendenti. La minoranza deve accettare e applicare le decisioni democraticamente prese dalla maggioranza con deliberazione regolare;

“e) che non è tollerata nel partito la costituzione di frazioni, le quali rompano l’unità del partito stesso o ne mettano in forse la disciplina;

“f) che le decisioni degli organismi superiori hanno carattere obbligatorio per gli organismi inferiori” (Statuto del PCIML, Art. 23).

4. Per le sezioni, per le federazioni provinciali e regionali e per il partito nel suo complesso “il massimo organo deliberativo, le cui decisioni sono obbligatorie per tutti gli iscritti e per tutte le organizzazioni subordinate, è il Congresso, rispettivamente di sezione, provinciale, regionale e nazionale” (Statuto del PCIML, Art. 26).

5. La coesione, l’unità del PCIML “è garanzia essenziale per la realizzazione del suo programma, per la vittoria della classe lavoratrice e del popolo nella lotta per il socialismo. Tutte le formazioni di partito e tutti i compagni sono tenuti a difendere l’unità del partito contro ogni tentativo di disgregazione o di attività di frazione. La costituzione di gruppi frazionistici in seno al partito è rigorosamente proibita e viene colpita con sanzioni che possono giungere fino all’espulsione” (Statuto del PCIML, Art.46).

6. Il PCIML “si rafforza non soltanto aumentando il numero dei suoi aderenti ed elevandone la capacità politica e ideologica, ma avendo cura costante che non entrino né rimangano nelle sue file elementi che gettino discredito sul partito stesso per la loro condotta, o abbiano dato e diano prova di viltà, o siano in qualsiasi modo agenti di nemici politici del partito o veicolo della influenza di questi nelle sue file.

“Difendere il partito da ogni forma di opportunismo, di revisionismo e di trotskismo è dovere imprescindibile di ogni iscritto” (Statuto del PCIML, Art. 47).

7. In forza dell’analisi obiettiva dei processi in atto all’interno del paese e in campo mondiale, il “programma” fondamentale del PCIML è quello di guidare il proletariato industriale, agricolo e del terziario – e le masse lavoratrici della città e della campagna, soprattutto i contadini, da esso diretti – alla conquista del potere politico:

- abbattendo il dominio della borghesia, privandola del potere politico, strappandole gli strumenti del dominio;

- spezzando la macchina statale borghese, l’apparato burocratico, politico e militare dello Stato borghese e preparando il terreno per porre in essere un nuovo e diverso apparato, quello dello Stato proletario;

- creando infine il nuovo, diverso Stato; la dittatura rivoluzionaria del proletariato, allo scopo di realizzare gli obiettivi e i compiti della rivoluzione proletaria, della costruzione del socialismo e poi del comunismo.

Poiché ogni particolare è inevitabilmente legato al generale, ogni diversità presuppone l’identità, il periodo di transizione dal capitalismo al socialismo in Italia, pur nella sua impronta originale, prevede l’attuazione delle leggi del passaggio dal capitalismo al socialismo proprie a tutti i paesi, e cioè:

- la soppressione della proprietà capitalistica e l’instaurazione della proprietà sociale dei principali mezzi di produzione;

- la graduale trasformazione dell’agricoltura su basi socialiste;

- lo sviluppo pianificato dell’economia nazionale, volto alla costruzione del socialismo e del comunismo, all’elevamento del livello di vita dei lavoratori;

- l’attuazione di una rivoluzione socialista nel campo dell’ideologia e della cultura, che comprenda la rieducazione della vecchia intellighenzia, la formazione di una nuova intellighenzia proveniente dalle file del proletariato, fedele al popolo lavoratore e alla causa del socialismo, nonché un elevamento generale del livello culturale di tutto il popolo;

- la liquidazione dell’oppressione nazionale e l’instaurazione dell’uguaglianza di fatto, di una reale, sostanziale parità di diritti e di una amicizia fraterna fra i popoli;

- la difesa delle conquiste del socialismo dagli attacchi dei nemici di classe interni ed esterni;

- la solidarietà della classe operaia italiana con la classe operaia di tutti gli altri paesi sulla base dei principi dell’internazionalismo proletario (Programma del PCIML, 7.II).

8. Il PCIML, in forza della sua analisi concreta dell’odierna struttura economica italiana e delle classi sociali oggi in Italia, nonché delle presenti condizioni storiche concrete interne ed internazionali, mette in primo piano, di volta in volta, in stretta connessione con l’obiettivo strategico primario del proletariato, quegli obiettivi intermedi di lotta, quelle formule organizzative, quell’azione politica per legare al proletariato le opportune alleanze, ecc. che meglio rispondono alle condizioni concrete della lotta di classe. Individuando, nella catena degli avvenimenti, “quell’anello particolare aggrappandosi al quale sarà possibile reggere tutta la catena”(Lenin), quell’obiettivo parziale il cui raggiungimento prepara le condizioni e avvicina la soluzione dei compiti strategici. Dunque, analisi delle circostanze storiche e contingenti in tutti i loro aspetti e delle possibilità di azione del proletariato di fronte ad esse; agitazione dei problemi e degli obiettivi più impellenti e propaganda della linea del partito con lo scopo di legare ad esso, attraverso la difesa e la lotta per le loro rivendicazioni, le masse lavoratrici.

Il PCIML considera la lotta per le rivendicazioni immediate dei lavoratori inscindibile dalla direzione dell’obiettivo primario e vitale del proletariato, dalla sua prospettiva generale. La lotta per le rivendicazioni immediate dipende ed è parte della strategia, nella misura in cui non si svolge scollegatamente ed isolatamente, ma come lotta inserita nel contesto strategico, che ne fissa i presupposti e le prospettive.

Il tatticismo è proprio dell’opportunismo, è l’espressione più ripugnante della volontà di collaborazione con le classi dominanti. Una concezione della tattica che la riduca in volgare tatticismo significa, in pratica, una sopravvalutazione della necessità di accettare dei compromessi in determinate condizioni e di adeguare la strategia e la prospettiva di ampio respiro ai fatti del “giorno per giorno”, alle circostanze quotidiane più infime, dimenticando in tal modo la necessità della lotta per la realizzazione degli obiettivi rivoluzionari (Programma del PCIML, 7.IV).

L’aggravarsi della crisi generale del capitalismo

9. Il capitalismo è una società priva di futuro, è un sistema storicamente condannato a morte. Già vive in uno stato comatoso, ma non saranno le cosiddette “rivoluzioni” borghesi e variopinte a seppellirlo, compito che assolveranno le rivoluzioni socialiste guidate dai partiti nazionali marxisti-leninisti ovvero di natura bolscevica. La sua irreversibile e progressiva decadenza può spingerlo a stragi di Stato efferate contro la classe lavoratrice e le masse popolari in lotta. Tocca al proletariato attrezzarsi per fronteggiarlo, ridurne al minimo le conseguenze e seppellirlo definitivamente nel suo stesso fango di infamie, violenza e disumanità. Nella storia dell’umanità il capitalismo è l’ultimo sistema fondato sullo sfruttamento. Dopo aver dato un vigoroso impulso allo sviluppo delle forze produttive, esso si è successivamente trasformato in un ostacolo sulla via del progresso sociale.

La traiettoria storica del capitalismo, il suo corso, è la traiettoria dell’aggravamento della sua contraddizione fondamentale, la contraddizione fra il carattere sociale della produzione e la forma privata capitalistica di appropriazione, dell’intensificazione dello sfruttamento della classe operaia e di tutti i lavoratori, del rincrudimento della lotta fra il lavoro e il capitale, fra sfruttati e sfruttatori, è il corso delle crisi economiche sempre più ripetitive, profonde, distruttive, prolungate e di natura globale, dei sovvertimenti politico-sociali, delle guerre di conquista e dei conflitti, tutte cause di gravi sciagure per i lavoratori, per le masse lavoratrici e popolari.

L’accentuarsi dello sviluppo del mercato capitalistico finanziario, di quello borsistico e monetario coi suoi infami derivati, conseguenza della crisi di sovrapproduzione industriale e del gigantesco accumulo di capitali, non libera il capitalismo dalla morsa sempre più soffocante della sua crisi di sistema ed anzi ne accentua la contraddizione fondamentale. E’ un mercato altrettanto infame che viene usato dal capitalismo come strumento di ulteriore sfruttamento e impoverimento delle condizioni di vita delle masse proletarie.

In un contesto di capitalismo monopolistico di Stato, che unisce strettamente la forza del monopolio e dello Stato, la contraddizione tra le forze produttive aumentate in modo colossale e i rapporti di produzione capitalistici diventa sempre più acuta e stridente. Si aggrava l’instabilità interna dell’economia, che si manifesta nella decrescenza, nel rallentamento dei ritmi generali di crescita e nell’approfondirsi delle crisi cicliche e strutturali sempre più intrecciate. I deficit di bilancio e i debiti statali raggiungono, di fatto, cioè senza trucchi “contabili”, cifre incalcolabili, la povertà di massa è diventata una vera e propria “condizione”, la disoccupazione altrettanto di massa, la precarietà e l’ultrasfruttamento eretti a “sistema”, l’inflazione reale sono ormai fatti di ordinaria amministrazione capitalistica.

L’incessante rinvigorimento e rafforzamento dei grandi gruppi monopolistici, delle voraci e mai sazie multinazionali, che ottengono profitti immensi sfruttando i lavoratori a livello mondiale, è un effetto diretto della concentrazione capitalistica e dell’internazionalizzazione della produzione. Le rapaci multinazionali sono all’origine dei continui tentativi di destabilizzazione di non pochi giovani Stati indipendenti.

La borghesia monopolistica, l’oligarchia finanziaria compie continue manovre per non lasciarsi scalzare e per adattarsi alle mutate circostanze. Il suo “comitato d’affari”, lo Stato capitalista, ridistribuisce – specialmente per mezzo del bilancio – una parte sostanziosa del reddito nazionale a favore del grosso capitale, cerca di asservire ai propri interessi le più recenti conquiste tecnico-scientifiche. Il vieto meccanismo dello sfruttamento si è “rinnovato”, è divenuto più complesso e sofisticato. Lauti profitti vengono ricavati dalle forze psico-fisiche e dalla professionalità dei lavoratori. Sempre più serrati, diretti e impuniti si fanno gli attacchi dei monopoli e dello Stato borghese alle conquiste dei lavoratori e al loro livello di vita.

Nella società capitalista, diventano sempre più gravi le conseguenze sociali della rivoluzione tecnico-scientifica. “Rimessi in libertà” dai padroni, scacciati dalle fabbriche, milioni di lavoratori sono condannati alla dequalificazione professionale e a privazioni materiali. Milioni di giovani si dibattono in una situazione perennemente priva di sbocchi, non possono trovare un’adeguata – ma nemmeno “inadeguata” – applicazione per le loro forze e le loro conoscenze. La disoccupazione di massa – con la prospettiva reale di un suo ulteriore aumento – permane con qualsiasi congiuntura economica.

Anche nel settore agrario dell’economia, i monopoli hanno conquistato ormai solide posizioni di dominio. La vita di milioni di contadini dipende interamente dalle oscillazioni del mercato e dall’arbitrio dei monopoli.

Particolarmente grave la sorte dei contadini nelle ex-colonie e semicolonie. I piccoli e medi imprenditori cittadini, sfruttati dal grosso capitale, dipendono ormai non soltanto dalla rete finanziaria “ufficiale”, ma sempre più dalla parallela rete finanziaria degli usurai minuti.

Milioni di esseri umani, non soltanto nei cosiddetti “paesi sottosviluppati”, ma anche in quelli cosiddetti “sviluppati” in senso capitalista, vivono nell’estrema miseria, sono analfabeti, non hanno tetto e sono privi di assistenza sanitaria. Si accentua ogni forma di razzismo e discriminazione nei confronti degli “extracomunitari” in genere. I diritti delle donne sono sempre più conculcati di fatto.

In ambito politico è propria dell’imperialismo la tendenza a rafforzare la reazione in ogni settore. Là dove i lavoratori, con una dura lotta di classe, sono riusciti a strappare determinati diritti democratici, il capitale monopolistico-statale conduce un attacco pervicace e, sempre più spesso, abilmente camuffato da “interesse nazionale” a tali diritti. Nei casi più “difficili” e “pericolosi”, esso ricorre risolutamente al ricatto politico, alle repressioni, al terrore, alle azioni punitive. In campo politico il neofascismo in “doppio petto” e apertamente squadristico – “nero”, “azzurro” e “verde” – ormai “sdoganato” dalla borghesia sedicente “democratica” e dai suoi ideologi in nome della presunta, speciosa “democrazia compiuta”, si è insediato e si insedia sempre più impunemente in ogni ganglio delle istituzioni “democratiche” formali borghesi. Laddove i soliti e ben collaudati metodi per reprimere i lavoratori non sortiscono l’effetto voluto, l’imperialismo insedia, appoggia e tutela regimi reazionari e tirannici per un’aperta repressione militare delle forze progressiste. Allo scopo di indebolire la solidarietà internazionale dei lavoratori, l’imperialismo fomenta e provoca apertamente, impunemente, lo sciovinismo, l’egoismo nazionale e il razzismo, il disprezzo per i diritti e gli interessi degli altri popoli e per il loro retaggio storico-culturale nazionale.

L’ideologia antiumanitaria del capitalismo, con il suo sfrenato culto dell’egoismo e dell’individualismo, della violenza e dell’arbitrio, l’anticomunismo come ’norma di vita’, lo sfruttamento della cultura come fonte di lucro determinano una desolazione spirituale della società, portano ad una vera e propria degradazione morale di essa. Una società sempre più in balia della criminalità da bassifondi “organizzata” e del “terrorismo”, generati e alimentati dall’imperialismo. Sempre più esiziale diventa il ruolo dei cosiddetti “mass-media” borghesi e della Chiesa, che manipolano e istupidiscono la coscienza degli uomini nell’interesse della classe dominante.

All’interno del sistema capitalistico si sono formati e stabilizzati quattro centri principali di competizione interimperialistica: USA, Europa occidentale, Giappone e Cina liberista, con l’India che incalza. Fra essi si intensifica la lotta concorrenziale per i mercati di sbocco, le sfere d’impiego del capitale, le fonti di materie prime, per l’egemonia dei settori-chiave del progresso tecnico-scientifico. Oltre che nel bacino dell’Oceano Pacifico e in America Latina, si stanno creando nuovi centri economici e politici di competizione, soprattutto nella ex-URSS e nella ex-area socialista dell’Europa. Si aggravano le contraddizioni fra gli Stati borghesi. Le ambizioni egemoniche e la politica insaziabile dei monopoli americani yankee, pronti, per il loro tornaconto, a sacrificare gli interessi e la sicurezza di altri Stati, finanche di quelli alleati, come nel caso del sistema spionistico internazionale e del controllo sui mezzi di telecomunicazione, suscitano sempre più allarme nel mondo.

L’imperialismo è responsabile non soltanto dell’incommensurabile e sempre crescente divario nel livello di sviluppo economico tra i paesi industriali del capitale e la maggioranza degli Stati di recente indipendenza: è anche reo di genocidio e responsabile del permanere sulla Terra di vastissime zone di fame, miseria, di molteplici malattie epidemiche, di importazione di depravazioni inenarrabili in ogni zona in cui ha messo piede.

Esso oppone una feroce resistenza al progresso sociale, tenta di arrestare il corso della storia, di mettere in ginocchio i popoli anelanti al socialismo, di prendersi una rivincita sociale a livello planetario. Le potenze imperialistiche, d’amore e d’accordo con la comproprietaria Chiesa “apostolica-romana”, cercano di coordinare i loro piani strategici economici, politici e ideologici, tentano di creare una santa armata comune di lotta “preventiva”/preservativa e di “ingerenza umanitaria” apocalittica perpetua contro tutto ciò che “non è democratico” per il big-business o standard imperialistico, contro tutti i movimenti rivoluzionari e di liberazione definiti “terroristi”.

In disprezzo della volontà dei popoli sovrani, l’imperialismo cerca di privarli del diritto di scegliere autonomamente la propria via di sviluppo, minaccia la loro sicurezza. Esso non vuole fare i conti con le realtà politiche del mondo moderno. E’ questa la causa primaria del sorgere di conflitti e di imperialistiche “guerre tribali” in varie regioni del mondo.

Il centro della reazione mondiale è l’imperialismo Usa. Proprio da questa cittadella della reazione mondiale provengono le guerre in atto e soprattutto la minaccia di nuove guerre. Aspirando al dominio assoluto dell’intero pianeta, esso si arroga il diritto di fare e disfare in casa d’altri, di intervenire militarmente in ogni angolo della terra, dichiarando arbitrariamente interi continenti zona di “interessi vitali USA”. L’ignobile politica di “ultimatum”, di ricatti, di imposizione di rapporti ineguali agli altri Stati, di sostegno pieno e incondizionato ai regimi repressivi antipopolari, di discriminazione nei confronti dei paesi che non vanno a genio agli USA, disorganizza le relazioni politico-economiche interstatali, impedisce il loro normale sviluppo.

L’ennesima conferma della natura criminale e abietta dell’imperialismo è data dalla serrata proliferazione di armamenti nucleari “preventivi”, di “scudo stellare” da offesa, e di altro tipo. Tale produzione di morte garantisce ai monopoli profitti incalcolabili. Le sempre crescenti spese militari sono un vero e proprio peso vivo sulle spalle dei lavoratori. Scomparsi i presunti “nemici di un tempo”, il Complesso Militare-Industriale (i monopoli che producono armi, la casta dei generali, la burocrazia statale, l’apparato ideologico, la scienza militarizzata, i sistemi si controllo psico-fisico degli avversari sempre più sofisticati e invasivi) e il potere imperialistico statale si sono prontamente fabbricati “nuovi nemici nel terzo e quarto mondo” per continuare a ritmo serrato e per tutti i secoli dei secoli i loro strumenti di sterminio “difensivi” da offesa. L’intensificazione della politica di avventurismo e di aggressione, il crescente pericolo di guerra dilagante, sono una chiara testimonianza della vacuità politica ed etico-sociale del sistema capitalistico a mano armata puntellato.

L’imperialismo è il capitalismo putrefatto, è la vigilia della rivoluzione socialista. Nessuna imperialistica falsa “fine del comunismo”, nessuna “riforma” e nessuna manovra “globale” del capitalismo odierno in agonia può mistificare e annullare le sue leggi di sviluppo, men che meno può eliminare il forte, inconciliabile antagonismo fra lavoro e capitale, facendo uscire il sistema capitalistico storicamente condannato dalla situazione di crisi e di decomposizione generale. La dinamica dello sviluppo capitalistico è a tal punto immodificabile che ogni trovata del capitalismo per rafforzare le proprie posizioni portano inevitabilmente e irreparabilmente ad un aggravamento di tutte le sue contraddizioni.

La politica neocolonialista dell’imperialismo intensifica la lotta antimperialistica dei popoli e dei paesi per la loro indipendenza totale. La liquidazione del sistema coloniale dell’imperialismo, il sorgere di numerosi Stati autonomi dalle sue macerie è una incontestabile conquista storica delle rivoluzioni e dei movimenti di liberazione nazionale scaturiti dal grande impulso della gloriosa Rivoluzione Socialista d’Ottobre.

Ma l’imperialismo non si è mai rassegnato alla perdita delle ‘sue’ colonie. Attuando una politica di neocolonialismo, esso aspira a privare di contenuto la sovranità conquistata a caro prezzo dai giovani Stati. Esso aspira non soltanto a mantenere il controllo su di essi, ma addirittura a rafforzarlo. Esso cerca di attrarli non soltanto nell’orbita capitalista, ma anche in quella militaristica, cerca di utilizzarli come una sorta di testa di ponte per la propria strategia aggressiva globale. Nel perseguire tali obiettivi, gli imperialisti ricorrono ai soliti e ben collaudati metodi: pressione militare, imposizione economica, appoggio alla reazione interna.

Oltre ad essere responsabile del passato coloniale e dell’arretratezza degli Stati di recente liberazione, l’imperialismo porta oggi anche la responsabilità delle difficoltà che questi paesi incontrano sul cammino del loro sviluppo economico, in quanto ne frena deliberatamente il processo di decolonizzazione economica.

In pari tempo, però cresce anche la resistenza dei popoli di questi paesi ad una politica di rapina e banditismo.

Essi continuano con sempre maggiore forza a lottare contro il neocolonialismo e la borghesia locale sua complice, contro l’ingerenza nei loro affari interni, contro il razzismo e l’apartheid, contro ogni forma di asservimento ai “modelli occidentali” (Programma del PCIML, 1.).

Il capitalismo monopolistico di Stato necessita del colpo

di grazia rivoluzionario

10. La profonda crisi generale – cioè sotto tutti gli specifici aspetti: economico, statale, politico, ideologico, culturale – del capitalismo monopolistico di Stato ha raggiunto un sì tale livello, che necessita di una sola cosa:

del colpo di grazia rivoluzionario. Senza questo necessario intervento soggettivo, non c’è dubbio che il sistema di sfruttamento sopravviverà: non più forte, ma più aggressivo e tracotante di prima. Sempre a spese, si capisce, del sangue del proletariato, delle masse popolari e lavoratrici.

Gli odierni sviluppi, i processi obiettivi della società capitalistica – quella italiana in particolare – che possono essere individuati, sono quelli, in primo luogo, del concentrarsi del potere reale (economico) in gruppi sempre più ristretti; della sempre, incessante, maggiore subordinazione – diretta e indiretta – delle varie forme economiche alle centrali del potere monopolistico; allo spostamento in massa di contadini dal lavoro della terra al lavoro nell’industria (in particolare in quella agro-alimentare); al passaggio di lavoratori, fino a qualche anno fa ancora illusoriamente “indipendenti”, ad una più diretta dipendenza dalle centrali monopolistiche del potere.

In pratica, si verifica un distacco sempre crescente del lavoratore dai prodotti del proprio lavoro: il processo di sfruttamento, di alienazione, magistralmente illustrato da Marx, si fa, ad un tempo, più esteso, più onnicomprensivo, più “globale”.

L’accentuata aggressività dell’imperialismo, al fine di tradursi in una maggiore capacità di penetrazione tra le masse della propria ideologia, si ammanta sempre più spudoratamente di richiami “universali” di tipo “democratico”, tentando con questa volgare mistificazione di dare una giustificazione ideologica alla propria politica di nefandezze “globalizzate”.

Grazie anche al neoliberismo imperante e all’attuale governo manchesteriano composto dalla schiuma della borghesia, la cui politica è diretta a soddisfare le richieste e gli interessi della grande borghesia e degli strati parassitari, interessi che esso rappresenta, esprime e difende, si sono approfondite le disuguaglianze di classe in tutti i campi, in special modo nel campo dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria. Le conquiste sociali dei lavoratori, strappate nel tempo con una dura lotta di classe, sono attaccate, rimesse in discussione, azzerate su tutto il fronte, derise con dispregio e perfino colpevolizzate a totale vantaggio del capitale. Le organizzazioni internazionali e gli organi sovrastatali che rappresentano, esprimono e tutelano gli interessi del capitale transnazionale hanno diretto la campagna ideologica finalizzata a giustificare la politica che impone i metodi più duri dello sfruttamento capitalistico.

L’atteggiamento della cosiddetta “sinistra” borghese, a parte la demagogia, è anch’esso chiaro: come la borghesia “di destra”, l’accozzaglia borghese “di sinistra” identifica gli interessi “del paese” con gli interessi del grande capitale. Gli argomenti a favore della loro politica diretta contro i lavoratori che vivono del proprio salario sono presi in prestito dalle teorie borghesi “liberali” più subdole.

Per arrestare questa politica e questa ideologia del cosiddetto neoliberismo, per arrestare questa svolta a destra della borghesia “di destra”, “di centro” e “di sinistra”, ci vuole una politica che risponde agli interessi dei lavoratori e che sia frontalmente diretta contro il capitale, è necessaria la lotta congiunta dei lavoratori e la ferma rivendicazione dei propri interessi da parte del movimento operaio svincolato dalle logiche co-gestionarie del sindacato riformista-borghese.

Il dominio del capitale e la sua attuale politica sono in stridente contrasto con gli interessi generali dei vasti strati popolari. Unificare questi interessi in vista del necessario colpo di grazia rivoluzionario a questo marcio sistema, è di vitale importanza. La necessaria unità politica deve partire dal proletariato e diretta dalla sua avanguardia organizzata. A questa unificazione possono concorrere i vari strati popolari che subiscono il potere del grande capitale.

Nei fatti, la necessità di un cambiamento rivoluzionario diventa sempre più impellente: il conflitto tra gli interessi del grande capitale e gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione, a causa della politica portata avanti dal potere dei monopoli, si è ulteriormente e insostenibilmente accentuato e inasprito.

Tale antagonismo poggia sulla contraddizione sempre più stridente tra le esigenze della grande produzione moderna, sempre più sociale, e il mantenimento in ceppi di rapporti sociali fondati sull’appropriazione monopolistica privata. Sicché la contraddizione fondamentale della società è e rimane la contraddizione tra capitale e lavoro, tra borghesia monopolistica e classe operaia.

Per parte sua lo Stato, al contrario di quanto s’immaginano certi grotteschi rivoluzionarismi piccolo-borghesi e taluni “espropriatori” di supermercati che spacciano le loro prodezze borghesi come anticipazione del futuro, non se ne sta con le mani in mano, non si è minimamente “ritirato” dalla sua funzione fondamentale, al contrario: più si accresce il peso dei gruppi monopolistici nella società, più la loro espansione, l’allargamento della loro produzione richiede l’intervento sempre più massiccio dello Stato. Il suo intervento sempre più massiccio e vasto, quali che ne siano le forze e gli strumenti, agisce infatti sugli aspetti primari della vita sociale; esso condiziona profondamente la base economica, la quale in ultima analisi determina tutto lo sviluppo della società.

D’altra parte è necessario comprendere che nemmeno i più sfrenati “liberali” o “liberisti” e individualistici rappresentanti delle classi possidenti possono fare a meno dello Stato capitalista come strumento di difesa della classe e di repressione del proletariato, per quanto sia loro di peso sotto altri aspetti.

Per la borghesia monopolistica e il suo Stato è politicamente di ‘capitale’ importanza camuffare la realtà dello sfruttamento per impedire che le lotte operaie trovino il loro sbocco sul piano politico che non sia quello del politicantismo e dei politicastri borghesi-revisionisti. La borghesia monopolistica e il suo “comitato d’affari” (Stato) conducono una incessante, martellante, multiforme campagna ideologica a tappeto in direzione del proletariato e di tutti gli strati non monopolistici. Così mentre alla Chiesa con la sua non ultima “missione” di speculazioni in Borsa e alle altre chiesuole sovrastrutturali – tenute in piedi non a caso con contributi pubblici – coadiutrici della cieca tirannide del capitale è demandato il noto e solito compito di infrenamento “spirituale” delle masse, la borghesia monopolistica e il suo “comitato d’affari” conducono in prima persona la loro propaganda tutta centrata sulle “questioni economiche”, nemmeno a dirlo destinata, in primo luogo, al proletariato. L’importante, per l’oligarchia finanziaria, per la borghesia monopolistica, è di insinuare dubbi, di travisare, di calunniare, in breve: di combattere la concezione scientificamente fondata – il marxismo-leninismo – che aiuta i lavoratori ad orientarsi nella lotta contro il capitale e la sua liquidazione. Tutto è detto, scritto e insegnato nell’interesse del capitale. La manipolazione delle masse è uno dei compiti di vitale importanza per la borghesia monopolistica e i suoi sgherri “di concetto”.

Per il proletariato, per i lavoratori, all’opposto, è una questione politica di vita o di morte mettere a nudo le radici dello sfruttamento capitalistico e delle sue forme che esso viene oggi assumendo. Unicamente attraverso la lotta di classe e il necessario attacco deciso, politico-rivoluzionario, si potrà abolire questo marcio, pernicioso e storicamente superato sistema, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Diversamente, nulla di essenziale e di radicale potrà mai cambiare in siffatta società per la semplice ragione che la antisociale, antiumana, criminale borghesia monopolistica non rinuncerà mai spontaneamente ai suoi delittuosi privilegi, cioè ai fondamenti del suo reo potere economico e politico. Proprio per questa ragione, è impossibile che il capitalismo monopolistico di Stato si trasformi “gradualmente” in una perfida quanto illusoria “democrazia economica che apra la via al socialismo”, così come sostenevano ieri i miserabili dirigenti revisionisti del PCI-“svolta di Salerno”, e come sostengono oggi i cerretani eterodiretti dirigenti, degni continuatori di quelli, dei non meno miserabili, “Partito della Rifondazione comunista”, “Partito dei Comunisti Italiani”, “Sinistra Ecologia Libertà” e altri simili: partiti siamesi che sabotano la rivoluzione e che sconfessano il senso stesso del comunismo, e perciò non si vede più per che cosa lottano questi miserabili sedicenti “comunisti”, se non appunto per puntellare la società capitalista, revisionisti reazionari ‘consacrati’, come direbbe il loro mentore Lagardelle, al “socialismo delle urne elettorali” e connesso “finanziamento dello Stato”. Il “gradualismo” è ciò che i revisionisti – cioè i borghesi mimetizzati da “comunisti” – di tutti i tempi hanno sempre sostenuto. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. In realtà, senza un intervento esterno, il passaggio dal capitalismo al socialismo, alla società dei lavoratori, è impossibile. Questo significa che il passaggio al socialismo e poi al comunismo potrà essere realizzato unicamente grazie alla necessaria azione rivoluzionaria del proletariato e, con esso, degli strati sociali che, a diversi livelli, fanno le spese della politica economica del capitale monopolistico e per questa ragione sono oggettivamente spinti ad allearsi con la classe del progresso sociale.

“La correzione riformista alle basi dell’imperialismo non è che un inganno, un pio desiderio” (Lenin). La collocazione storica dell’imperialismo è chiara: è il capitalismo parassitario, morente, è la vigilia della rivoluzione sociale del proletariato. Esso è ormai nella sua “globalità” e nella sua “globalizzazione” in putrefazione avanzata, a tal punto “putrefatto” che deve lasciare il suo posto ad un diverso e profondamente umano ordinamento sociale: il socialismo.

L’esistenza delle basi materiali del socialismo non può però sostituirsi alla necessaria azione operaia e popolare sulla borghesia monopolistica e sul suo “comitato d’affari”; anzi, nella odierna fase del capitalismo monopolistico, l’azione delle masse è un fattore risolutivo che assume un’importanza sempre crescente, e che va esercitata su un triplice piano: economico, politico e ideologico sino al colpo di grazia di questo infame sistema antisociale, antiumano, disumano e criminale, per instaurare attraverso i propri strumenti organizzati e organizzativi la società finalmente umana: il socialismo e poi il comunismo, nel quale il regno della libertà succederà a quello della necessità.

 

(PER ULTERIORI APPROFONDIMENTI: Programma, Statuto e altri documenti del P.C.I.M-L.: Contro il revisionismo e il rivoluzionarismo astratto piccolo-borghese, per il marxismo-leninismo; Marxismo-Leninismo e revisionismo-opportunismo contemporaneo; La necessità per il proletariato del suo partito rivoluzionario: gli insegnamenti dei maestri del marxismo-leninismo. Documenti pubblicati sul sito del Partito all’indirizzo web www.pciml.org)

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